Abbiamo intervistato Young Slash
Era il 2017 quando Young Slash finì per la prima volta nelle cuffie di una buona parte degli ascoltatori di rap italiano, facendosi notare come uno dei volti più interessanti di quella scena genovese impegnata in quei mesi a sfornare un talento dietro l’altro. Diglielo, in collaborazione con Cromo, e il freestyle per Esse Magazine avevano fatto presagire un imminente affermazione sulla scena, ma il primo progetto di Young Slash non lo ha consacrato definitivamente.
Dopo aver pubblicato Astrnauta Ep nel corso del 2019, quest’anno Young Slash è tornato con il suo secondo album ufficiale, Popular, un progetto ambizioso con il quale punta a compiere quel salto di qualità che gli è mancato fino ad oggi.
1) Se escludiamo la parentesi di Astronauta EP durante l’anno precedente, Popular esce a tre anni di distanza dal precedente album Young Fury. Lavori a questo progetto da allora o è il frutto di un percorso più recente?
Sicuramente Popular è il lavoro che nasce da questo anno. Sono stato a Parigi, in Polonia e lì ho trovato ispirazione, in questo anno ho iniziato a lavorare sul disco e ho trovato e perfezionato il mio stile, la drill.
2) Qual è stato il ruolo di Astronauta EP nel tuo percorso artistico?
Astronauta mi ha segnato a livello di progetto ma non come album: le canzoni sono state apprezzate ma non capite a fondo. Il cambiamento è musicale, a livello di stile e di crescita, sia nei testi che nelle produzioni.
3) Cos’è cambiato nel modo di scrivere e di percepire la tua musica in questo lungo lasso di tempo? Hai cercato nuove formule o hai perfezionato il tuo stile?
Sono cambiato io e ho sperimentato nuovi generi più vicine a me per differenziarmi. Popular ha un sound che mi convince molto, Il cambiamento è musicale, a livello di stile e di crescita, sia nei testi che nelle produzioni.
Sicuramente mi ricordo Diglielo, quando su Youtube avevamo fatto 200k visualizzazioni, ci aveva fatto conoscere a Genova (ancora ricevo complimenti per questo pezzo). Quello che mi è dispiaciuto è che non sono stato particolarmente furbo e pronto per fare uscire nuova musica subito ma mi sono fermato. Allo stesso tempo non mi sono abbattuto: credo che le cose vadano fatte uscire con calma, fatte bene.
Ora no e Dove si va li ho scritti a Parigi, ero in un mood che non avevo mai provato prima, probabilmente perché mi trovavo in un’altra nazione. Le vibrazioni della periferia e del quartiere parigini mi hanno aiutato. I pezzi sono stati registrati in Italia, ma è la Francia che mi ha ispirato. Ho conosciuto persone, sono cresciuto e maturato.
In primis ci accomuna la passione per la drill. Siamo amici, prima che colleghi, ci rispettiamo da sempre. Si sono presi bene subito, gli ho mandato la traccia e mi hanno mandato subito le strofe. Con Vaz Tè abbiamo scelto di parlare della città, d come la pensiamo politicamente e socialmente. Con Bresh abbiamo fatto un pezzo “da stadio”, siamo entrambi Genoani, abbiamo parlato del tempo, che anche se passa non ci cambierà. Sono due pezzi molto forti e spero che vengano capiti.
Sicuramente da quando è uscito Black Fury sento Genova, mi sento uno dei suoi rappresentanti, di portare in alto il quartiere. Sono fiero di essere uno dei portanti della città ma bisogna aspettare sempre il tempismo giusto per fare uscire pezzi di qualità. Abbiamo il nostro immaginario, slang, mood e il mare è quello che ci caratterizza e ci dà molta ispirazione.