“Twins”: la fine della Dark Polo Gang?
“Vi siete mai sentiti imbrogliati?”
Con queste parole pronunciate da Johnny Rotten si chiudeva l’ultimo concerto del disastroso tour americano dei Sex Pistols, e con esso la storia del contingente punk più scandaloso d’Inghilterra. Forse le stesse parole sono le più adatte a commentare “Twins”, il disco ultimogenito di Tony Effe e Wayne Santana, due quarti della Dark Polo Gang, la boy band più oltraggiosa d’Italia.
Infatti, nonostante “Twins” si appresti a diventare il maggior successo commerciale della Gang, allo stesso tempo ne rappresenta l’inesorabile nadir creativo. Giunta al termine di una maratona che ci ha regalato cinque dischi in due anni, la Dark ha smesso di essere la Dark che conosciamo, ed ha iniziato a diventare una manieristica parodia di se stessa.
Fino ad oggi, infatti, abbiamo imparato a conoscere i suoi componenti e ad amarli come imprevedibili, narcisi, maleducati, consumisti, probabilmente destrorsi. Abbiamo visto la scena rap nostrana spaccarsi e delirare di fronte all’arroganza con la quale questi enfant terrible sfoggiavano le loro contraddizioni come fossero capi di marca, mescolando pedagogia e stupefacenti, etica del lavoro e flirt malavitosi, il pollo borgataro e la cocaina degli yuppies.
Ma il vero ingrediente segreto nella ricetta della DPG è sempre stato un altro, ben più raffinato della semplice provocazione gratuita: l’indecifrabile, innato talento nel mantenersi in costante equilibrio sulla linea sottile che separa trasgressione e caricatura, gag e schiaffo morale, cavalcando l’onda degli eccessi sul limitare estremo della verosimiglianza.
Con l’uscita di “Twins”, questo equilibrio si è incrinato irrimediabilmente. È il loro primo album non disponibile in freedownload, ma presente su tutti i digital store. È il primo album per il quale è stato organizzato un instore tour vero e proprio. Ma soprattutto è il primo in cui la Dark si rivela al suo pubblico per quello che è: uno scherzo innocuo.
Il cambio di direzione che la Dark ha deciso di imprimere alla propria carriera, era del resto già evidente dal tenore dei singoli che hanno preceduto l’uscita del disco. “Spezzacuori”, “Magazine” e in particolare “Caramelle” preludevano all’emergere di un lato inedito della DPG, tanto lontano dalle atmosfere cupe e nichiliste di “Crack Musica” quanto dallo sperimentalismo lisergico di “Succo di Zenzero”.
Il mondo della Dark è cambiato di nuovo, diventando ludico, edulcorato, popolato da figure dell’immaginario infantile (Winnie Pooh, Topolino, Peter Pan), riferimenti alla cultura pop (Marylin Manson, Keith Richards), volpini bianchi e costumi di scena. Un universo iconografico che prende le distanze dall’immaginario trap e da quello vaporwave, e si fa quasi kawaii, pervaso da un’atmosfera di frivola spensieratezza.
Il radicale cambiamento di tono si riflette anche nei tappeti sonori stesi dal loro storico produttore, il machiavellico Sick Luke: fate ascoltare l’inciso di Caramelle ad un vostro amico che sia all’oscuro dell’esistenza della Dark (se riuscite a trovarne uno), e molto probabilmente quest’ultimo lo paragonerà alla sigla di un cartone animato. E non avrebbe poi così torto, perché l’impressione che si ricava ascoltando in rapida successione “Twins” e il suo diretto predecessore (“The Dark Album”) è quella di uno zapping vertiginoso, che trasporta il telespettatore da una puntata di Romanzo Criminale al palinsesto di Disney Channel.
Gli stessi episodi più crudi dell’album (quali “Cobain” e “Diabolika”) rimangono venati da una profonda ironia e non eguagliano nemmeno minimamente il clima di tensione che circondava la tracklist di TDA. Nel tanto chiacchierato featuring con Guè Pequeno (“El Machico”), sembra quasi che il Guercio nazionale abbia fretta di concludere le sue barre perché non riesce a trattenere le risate scatenate dal contesto surreale in cui si è trovato.
Nonostante quanto sopra però, avremmo comunque potuto amare “Twins”.
“La Dark fa quello che je pare”, questo è il mantra che abbiamo imparato a ripeterci mentre li vedevamo vestire di volta in volta i panni di Chief Keef, di Yung Lean e di Magica Magica Emi.
“Se domani me vojo mette la gonna, me metto la gonna”, dixit Il Fantino. E se la loro nuova incarnazione ci apparisse come l’ennesimo colpo di scena dettato da una musa volubile, dalla necessità di rivendicare in modo tracotante la propria indipendenza, lo avremmo accettato di buon grado.
Quello che ci impedisce di appassionarci fino in fondo a questo prodotto è la sensazione che questa volta il cambiamento risponda più a logiche di marketing che ad esigenze di carattere artistico. In altre parole, sembra quasi che la Dark Polo Gang, arrivata al proprio debutto nella scena mainstream (annunciato da ospitate in radio e in TV, collaborazioni altisonanti e distribuzione fisica), abbia fatto qualcosa che non aveva mai fatto prima: un atto di umiltà.
Per non alienarsi le simpatie del famigerato pubblico generalista, la Dark ha infatti dovuto smussare i propri aspetti più controversi, e riscrivere il proprio codice genetico per presentarsi come un manipolo di simpatici buffoni, animati solo dalla voglia di sollazzare i propri ascoltatori con jingle accattivanti e slogan coloriti.
In quest’ottica, “Twins” offre una versione della Dark Polo Gang riveduta e corretta e, appunto, innocua. È un manuale concepito ad uso e consumo dei fan dell’ultima ora, in cui il consueto repertorio di tormentoni e boutade assortite viene riproposto fino allo sfinimento, ma questa volta sotto la rassicurante luce dell’autoparodia. Avrebbero potuto tranquillamente intitolarsi: “La DPG per NEGATI“.
“Questa merda rap per me è un hobby”, dichiarava Side in uno dei primi successi della DPG, “Grenoble”. Ora che l’hobby è diventato un lavoro a tempo pieno, gli alieni di Rione Monti sono stati costretti ad ammettere di venire in pace, per non rimanere esclusi dal tavolo degli adulti.
Una manovra simile frutterà molto probabilmente alla DPG un esponenziale aumento di visibilità nello show business all’italiana. Come Tony e soci decideranno di gestire il loro nuovo status, è quello che siamo tutti ansiosi di scoprire. Per ora, è certo solo che “Twins” può essere considerato il vero spartiacque della loro carriera, destinato a separarne gli esordi da tutto ciò verrà dopo.
Per questo motivo, non ci rimane che concludere che questo album forse non sarà l’inizio della fine per la Dark, ma è sicuramente la fine dell’inizio.
L
articolo della madonna
Mattia Moretti
Analisi e commento preciso è basato su evidenti conoscenze profonde. Bravi cazzo
Jimmie
Questa é la Twins Season. Ogni loro album é ricoperto da un’atmosfera chiara che caratterizza ogni pezzo del álbum e ogni album ha un’atmosfera diversa da quelli prima. Secondo me questo é da vedersi come un altro “film” i cui “registi” sono Wayne e Tony, e non poteva che uscire un po’ infantile come wayne e frevolo come tony. Tutti i pezzi sono circondati da questa atmosfera. Per dire se questo sia l’inizio della fine o la fine dell’inizio bisogna aspettare il prossimo loro progetto. Io credo (ma anche spero) che ci riporterà in ancora un’altra dimensione.
Mayank
Premetto che non voglio insultare nessuno
Ma twins l’ho trovato veramente un album che non mi ha portato a nulla e non mi è piaciuto per nulla
Nonostante il fatto che la DPG abbia un modo tutto loro di fate musica
Ho condiviso in parte molte loro canzoni che mi sono piaciute molto e che ascolto tutt’ora molto volentieri
Nonostante il fatto che sia abbastanza grezzo TDA L’ho adorato come album
Ma quest’ultimo nell’ascoltarlo mi sono sentito solo preso per il culo