1990: Achille Lauro si immerge nel passato per stravolgere il presente
1990 è la consacrazione di Achille Lauro come l’icona pop più sperimentale della musica nostrana. L’album si basa su sette brani che hanno segnato la storia della musica pop-dance internazionale, ma anche la stessa adolescenza del rapper – 1990 è, infatti, il suo anno di nascita – rivisitati con un nuovo sound.
Prima la samba-trap, poi il punk-rock, ora la pop-dance. Che a Lauro piacesse sperimentare lo si era già capito dai tempi di Pour l’amour, uscito nell’anno chiave della diffusione della new wave in Italia (2018): un disco inaspettato, totalmente concentrato sulla sperimentazione di suoni mai sentiti prima e scenari da trip di acidi, purtroppo troppo poco rivoluzionario per la scena. Più che dall’album, il pubblico rimane colpito da un Achille che abbandona collane d’oro ed occhiali specchiati per riempirsi di paillettes e rossetto blu, aprendo una nuova strada a quello che poi verrà.
In inverno arriva Sanremo. Rolls Royce è il brano più sfacciato e provocatorio di quelli che vengono presentati sul palco dell’Ariston, a sottolineare le innumerevoli personalità di Achille, che stavolta in giacca e cravatta rievoca gli anni più rivoluzionari della storia dell’umanità: gli anni ’60. Tra gli omaggi a Jimi Hendrix ed Amy Winehouse, però, la critica lo accusa di incentivare l’utilizzo alle droghe pesanti: Rolls Royce è, infatti, anche il nome di una specifica pasticca di ecstasy. E le interviste rilasciate l’anno precedente, in cui ammette di aver scritto e creato quasi tutto Pour l’amour sotto effetto di stupefacenti, e il suo passato da rapper non aiutano di certo. Lauro viene sì accolto dal pubblico, ma con un occhio di riguardo.
In estate arriva 1969, il suo secondo album sperimentale, che incentra le sue sonorità sul punk-rock. Ennesima conferma del cambiamento, ormai quasi completato, di Achille: lui stesso dichiara di aver scelto queste contaminazioni per abbracciare tante generazioni, e che la scelta del 1969 nello specifico è dovuto ai cambiamenti e alle scoperte realizzate – da Woodstock al primo uomo sulla Luna. L’artista si immerge in quell’arco temporale per portare uno slogan nel suo presente: è il momento di essere liberi.
Anno Domini 2020. Di nuovo Sanremo, con Boss Doms sempre presente al suo fianco. Me ne frego è il titolo della canzone che Achille sceglie di portare, un titolo che parla già da sé. Chi lo associa alla propaganda fascista, chi alla sfacciataggine di un’artista controverso che vuole solo far parlare del suo personaggio, nel bene e nel male. Quattro costumi, uno per ogni serata del festival, che si ispirano a quattro personaggi storici importanti, uno più eccentrico dell’altro; il bacio con Doms in diretta nazionale; il suo indossare una tutina color carne e mettere in mostra tutti i tatuaggi che gli dipingono il corpo. Insomma, Lauro lascia tutti di stucco – fan e haters, senza distinzioni – per rimarcare quello che pensa delle critiche immotivate, di chi lo definisce “troppo femmina” e “senza talento”: me ne frego.
Mentre Me ne frego scala le classifiche e la simpatia del pubblico, in estate esce Bam Bam Twist: un singolo che sembra appartenere alla scia di 1969 e del brano sanremese, ma che con i riferimenti, invece, sembra voler puntare i riflettori su qualcos’altro. E infatti, qualche settimana dopo, Achille annuncia 1990.
L’album si distacca totalmente dai precedenti, andando a selezionare sette dei brani che hanno segnato un’intera generazione – come Sweet Dreams degli Eurythmics o Blu degli Eiffel 65, qui con una vena più malinconica ed intima – e rivisitandoli in una chiave più pop-dance. Una scelta azzardata ma ben riuscita, soprattutto perché gli skit tra una canzone e l’altra – presenti nella deluxe version – strizzano l’occhio all’Achille di Ragazzi Madre, ad oggi ancora suo miglior album.
Da Ghali e Gemitaiz in Scat Men, passando per Annalisa in Sweet Dreams, a Capo Plaza ed Alexia in You and Me, o Massimo Pericolo in Summer’s Imagine, si può affermare che tutti i featuring sono più che azzeccati, e nessuno di loro passa inosservato, nemmeno i più giovani. Altra conferma della poliedricità del rapper romano, che ha l’innata capacità di spaziare da un genere all’altro, senza preoccuparsi dell’opinione del pubblico perché sa di riuscire a farlo, ed anche bene.
1990 è la conferma dell’ormai evidente cambiamento di Achille, che da rapper di periferia con le collane d’oro e gli occhiali specchiati, riesce a vestire i panni di un artista pop anni ’90, con la tutina fucsia e gli stivali in pelle neri dal tacco fino, trasformandosi in un’icona glam mai vista prima Italia.