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  • 23 6451: tha Supreme è davvero un genio?

23 6451: tha Supreme è davvero un genio?

Davide Mattei, in arte tha Supreme, è senza dubbio uno degli artisti più chiacchierati di quest’anno. Il ragazzo classe 2001, dotato di uno stile unico e particolare, si è fatto spazio nel Rap Game grazie a collaborazioni di peso e singoli accattivanti, ed è finalmente giunto alla prova del nove. 23 6451 è un album interessante e controverso, destinato a dividere il pubblico in due fazioni diametralmente opposte.

Si parla di un capolavoro d’innovazione o di un fastidioso e squallido tentativo di differenziarsi dalla massa? La risposta è, banalmente, nessuna delle due. Per trovare la soluzione al nostro problema è necessario addentrarsi dentro il mondo di tha Supreme, in modo da contestualizzare i suoni e le parole all’immaginario che il ragazzo ha costruito nel giro di tre anni.

Il giovane artista ci indica immediatamente quale dev’essere la nostra linea di partenza: “Le basi”, traduzione del titolo del disco dall’alfabeto Leet. Le basi, le produzioni, sono ciò che lo hanno contraddistinto fin da subito. Lungo tutto il 2016 e buona parte del 2017 – gli anni d’oro della trap – ha pubblicato sul proprio canale youtube dei beat self-made e remix di tracce famose, tra cui Patatrac di Madman, Scusa di Gemitaiz e Buon N***** di Salmo.

 

Queste produzioni, stracolme di suoni disomogenei, cosparse di kick frenetici e d’impronta chiaramente videoludica, si potrebbero definire caotiche se non addirittura malate. I titoli e le copertine di queste prime composizioni, tanto evocative quanto creepy, completano la cornice. Volendo, si può pensare questo universo composito – e l’album stesso – come la magione di Luigi’s Mansion – per restare nell’ambito “videogiochi” – le cui fondamenta sono proprio i beat delle canzoni.

 

Quali sono, però, la forma e il contenuto di questa casa infestata?

Il principio di entrambe è stato 6itch, primo brano in cui il ragazzo si approccia al microfono. Dopo il successo di Gameboy Color e la seguente chiamata di Salmo per lavorare a Perdonami, sono arrivate 5olo e soprattutto scuol4. Da Looser fino a Yoshi, tha Supreme ha modellato il suo inconfondibile stile – contrassegnato dallo swingare (allungare) le parole – arrivando a perfezionarlo con dei ritornelli orecchiabili ed incredibilmente accattivanti.

 

A livello contenutistico, c’è tutto quello che ci si dovrebbe aspettare da un diciottenne: l’insofferenza verso la scuol4; il disprezzo per gli (ex) amici dalla doppia faccia; la forte volontà di andare via di casa, non importa se sulla Luna per diventare una m8nstar o a Swishland per fumare un blun7 in tutta tranquillità, lontano da tutti; le paranoie, quelle che tormentano la stragrande maggioranza degli adolescenti; la no14, vista come una diretta conseguenza della solitudine che Davide tanto odia; per finire, le droghe, leggere e pesanti, attrici di una parte piuttosto importante nel contesto dell’album.
Tutte queste componenti tematiche non sono altro che gli spettri della magione, i quali albergano nelle stanze mentali di tha Supreme.

 

Odio restare da solo
Perché se resto da solo
Vuol dire che erano solo infami

 

Non sopporto la noia, stavo sempre in mezzo ai guai
So che non sono solo, qualcuno là fuori capisce
bene quello che intendo, sennò non ci siamo

 

Non più Xanax, non più casa
O strada, o brotha
Yeah bitch, non sto più con i miei fantasmi
Rigiravo e non captavo i drammi

 

23 6451, perciò, è in tutto e per tutto il manifesto del mondo di tha Supreme. Ma questo curioso progetto, nonostante abbia degli elementi senz’altro innovativi, mostra degli evidenti difetti. Dopotutto, nuovo non per forza è sinonimo di bello.

Sin dal principio si percepisce come l’album, senza featuring, non avrebbe mai retto. La prima metà, prevalentemente senza ospiti e con ben sei tracce su dieci già uscite (senza contare la strofa di Nitro in 6itch remix), parte subito con un trittico d’apertura che lascia alquanto a desiderare. Tuttavia, il ragazzo si è premeditatamente coperto, posizionando i brani editi immediatamente dopo le tracce iniziali in modo da riconquistare l’attenzione dell’ascoltatore. Scelta poco coraggiosa, ma che indubbiamente paga.

Inoltre, già ad opera in corso ed ancor di più a viaggio terminato, si riscontra un discreto senso di sconnessione. Presi singolarmente, i componimenti sono quasi tutti delle potenziali hit; al contrario, se individuati nell’insieme dell’album perdono buona parte della loro forza.

Altro evidente problema è la cacofonia di certe strofe, dovuta all’accentuazione del suo plasmare le parole a piacimento, nonché del riciclo di alcuni flow. Una volta abituatisi alle skills di tha Sup, pertanto, c’è il grande rischio di annoiarsi.

 

 

Per quanto riguarda le collaborazioni, si confermano alla grande Fabri Fibra, Marracash e soprattutto Lazza, uno degli indiscussi protagonisti di questo 2019. Da segnalare le ottime prove di Dani Faiv e Mara Sattei, mentre delude a sorpresa Salmo: i primi due regalano una performance decisamente godibile all’interno di due canzoni – noi14 e m12ano – dall’atmosfera chill, il secondo bilancia (in negativo) i continui cambi di flow con una prestazione lirica di basso livello. Anche lui, curiosamente, sembra essere partito in contropiede rispetto alle ipotizzabili critiche: “Quello che faccio non ti va mai bene, guarda che grande ‘sto cazzo che mene”. Questo lampo strappa sicuramente un sorriso, ma purtroppo non salva la strofa.

 

In conclusione, quindi, com’è 23 6451, e cosa rappresenta per il futuro del Rap Game?

Il disco d’esordio di tha Sup è, senza mezzi termini, una bella ventata d’aria fresca per la scena, per quanto possa venir apprezzata o sofferta. La presenza del diciottenne nei dischi più attesi dell’anno la dice lunga su cosa (o meglio chi) richieda il pubblico d’oggi. I ragazzi, catturati dalle sue ipnotiche melodie, si ritrovano in quei testi semplici e comprensivi, realizzando di non essere soli nel mondo. E l’obiettivo di tha Sup è proprio questo.

Ciononostante, l’alunno della Machete Crew è per ora rimandato, ma considerata l’età avrà tutto il tempo per rifarsi. Dopotutto, già in questa prima fatica si sono intraviste le sue incredibili capacità. Non ci resta che aspettare, con la speranza che la m8nstar riesca a stupire ancora.

 


Matteo Carena

Ho 20 anni e sono un perfezionista maniacale. Se non siete d'accordo su qualcosa, troviamoci al pub e discutiamone tra un boccale di birra e l'altro.

Comment

  • whatcomunismeans

    Secondo me più che rimandarlo andava promosso non a pieni voti. Mi spiego peggio: l’album è una ventata di aria di novità, ma spesso in presenza di feat delude. Ció nonostante penso non sia tanto una merda dai.

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