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Il tempo sta avendo la meglio su Tech N9ne

Lo scorso 19 aprile è uscito N9NA: il 21esimo album in studio di Aaron Dontez Yates, aka Tech N9ne. Il rapper nativo di Kansas City tocca quest’anno quota 48 anni, è riuscito con questo album a ritagliarsi il giusto spazio tra la nuova wave o è destinato ad essere legato indissolubilmente ad una periodo storico ormai concluso?

Con un’esperienza trentennale nel rap game cercare costantemente di reinventarsi diventa quasi l’unica soluzione per rimanere aggrappati ad un mercato musicale che, di questi tempi come non mai, è completamente in balia delle tendenze hip hop. Ogni artista ad un certo punto del proprio percorso, specie se di lunga durata come quello di Aaron, è costretto a guardare dentro di sè – dentro la sua arte – chiedendosi cosa sia più giusto fare: proseguire stoicamente sulla propria strada o sperimentare con audacia (e rischio) per restare in corsa il più possibile?

N9NA a livello strutturale non differisce dai precedenti lavori di Tech N9Ne, che ha sempre proposto ai suoi fan delle tracklist molto corpose: in questo progetto sono presenti 21 tracce, una cifra notevole che spesso può portare a problemi di fruibilità del’album. Non è la durata eccessiva dell’album tuttavia il problema principale, quanto più il rischio di incappare spesso in filler ed episodi sottotono, cosa per l’appunto accade spesso in questo disco, facendo perdere di vista il concept dell’album e il suo intento comunicativo.

L’album comincia, dopo la skit iniziale, con Lord of Weird, traccia in cui l’artista ripercorre gli inizi della sua carriera e celebra il 20esimo compleanno dell’etichetta indipendente da lui fondata nel 1999: Strange Music. La tematica dell’indipendenza artistica è uno dei temi più ricorrenti fra le varie tracce presenti nell’album (e della carriera) del rapper, da sempre considerato un pilastro del rap underground.

A fare da contraltare è presente la traccia conclusiva dell’album, probabilmente il brano più intimo e introspettivo del progetto: in I’m sorry Aaron fa ammenda per aver trascurato la famiglia e in particolare il suo fratello minore a causa della sua carriera da rapper che lo ha allontanato e non gli ha permesso di ricucire i legami affettivi. Il ritornello di Church Boii fa da contorno a questo soliloquio che si conclude con la promessa verso sè stesso di sistemare le cose il prima possibile.

Le produzioni sono di buon livello e decisamente variegate tra loro, a dimostrazione della volontà dell’artista di arrivare a più palati possibili: si passa così dal classico boom bap a veri e propri banger da club (come Green Lit, che vede la collaborazione di King ISO e Maez301), in una ricerca di eterogeneità sonora quantomeno lodevole negli intenti. Tra i produttori spicca il nome di Seven, collaboratore di lunga data del rapper e curatore del sound di un terzo del disco.

Curiose sono anche le scelte dei featuring, che segnano una particolare inversione di tendenza rispetto alle abitudini del rapper statunitense: in ogni suo album Tech N9ne ha ospitato infatti pesi massimi del rap; Eminem, 2Chainz, T-Pain sono solo alcuni degli artisti presenti nei precedenti lavori del rapper. Guardando la tracklist di N9NA invece non sono presenti nomi roboanti, ma solo rapper emergenti e amici di vita: l’intento di Aaron è probabilmente quello di sfruttare questo capitolo discografico in primis per ribadire il proprio status nel rap game – senza essere accompagnato una pletora di nomi altisonanti – e restare indiscusso protagonista della propria musica, dando tuttavia spazio a realtà minori legate alla propria etichetta (come il fedele Krizz Kaliko).

L’evoluzione a livello di sonorità non è tuttavia accompagnata da un’evoluzione anche a livello lirico: Punchline, incastri, extrabeat e tecnicismi sono le peculiarità a cui Tech N9ne ha largamente abiutato il suo pubblico, più o meno giovane, e da questo punto di vista sceglie di non snaturarsi mantenendo con fermezza la linea che lo ha contraddistinto in questi decenni. N9NA si ascrive perfettamente nella linea discografica di Tech N9ne, che va a realizzare un capitolo senza infamia nè lode: probabilmente la sorte peggiore per un disco.

N9NA è un disco estremamente legato al filone che seguono i precedenti lavori di Tech N9ne. Se questo potrà sicuramente far contento lo zoccolo duro dei fan storici è innegabile, dall’altra parte, che risulterà un altro capitolo tendente al grigio per la carriera dello storico artista, ancora stoicamente ancorato alla propria formula.

Nonostante il tentativo di lavorare su produzioni più vicine agli standard attuali, infatti, la formula globale di questo disco rimanda a una sequela di lavori che nulla aggiungono al panorama attuale, dimostrando come non basti aggiungere un tocco di modernità al tappeto sonoro per creare un disco che risalti abbastanza da perdurare in un presente dove diventa sempre più difficile evitare di boccheggiare nel grande mare degli album Hip Hop.

Questo disco di Tech N9ne è tutt’altro che un pessimo album, ma è innegabilmente un’altra scommessa persa per un artista che, nonostante la manifestata voglia di incidere ancora materiale convincente, rimanda di nuovo l’obiettivo di fare quel level up della carriera e aprirsi al nuovo pubblico a data da destinarsi.

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