Immaginiamo di avere fame, molta fame, una fame insaziabile. E con questa fame ci sediamo in una mensa, con una lunga tavolata a cui sono sedute molte persone. Sul tavolo una quantità enorme di cibo, ce n’è davvero per tutti, e tutti mangiamo e ci divertiamo, chiacchieriamo e più va avanti il pasto più si diventa amici con quelli che sono seduti assieme a noi.
Poi a un certo punto sorge il dubbio.
La fame non ci è ancora passata per niente nonostante abbiamo mangiato un sacco e ci accorgiamo che sul tavolo c’è sempre meno cibo. E tutti hanno ancora fame esattamente come noi.
A un certo punto la rivelazione: non ce n’è per tutti.
E allora forse quelli che ci circondano non sono tutti poi così nostri amici. Forse vogliono rubarci il nostro cibo? Forse è sempre stata tutta una farsa? Forse non sono mai stati davvero nostri amici e si sono finti tali solo per poter restare assieme a noi a mangiare?
E’ questa la situazione attuale a cui sembra andare incontro la cosidetta “nuova scuola” che, dopo un periodo iniziale in cui si era fatto vanto della sua unione ora, con la recente frecciatina di Wayne Santana, membro della Dark Polo Gang, a Ghali e a Sto Magazine potrebbe essere il primo segnale di rottura di questa pace.
Sarebbe un po’ ipocrita in realtà dire di non essersi mai aspettati una svolta del genere. I numeri che i membri del movimento più giovane del rap stanno facendo sono spaventosi. Ghali e Sfera Ebbasta fanno milioni di visualizzazioni e il numero dei loro dischi d’oro (e anche qualche disco di Platino per Ghali) non si contano quasi più. Anche altri movimenti, come la Dark Polo Gang, sono in veloce ascesa, il loro ultimo disco, Twins, e il conseguente tour di instore ha fatto registrare numeri incredibili per una realtà autoprodotta e indipendente. Anche artisti più piccoli come Tedua, Izi, Rkomi e Enzo Dong (quest’ultimo col suo ultimo singolo E Strade Song e Nostre con Clementino ha registrato più di 700 mila visualizzazioni in tre giorni) si stanno facendo notare.
Cosa evidenziano questi numeri?
Evidenziano sicuramente che il fenomeno della “nuova scuola”, che alla fine per la maggior parte è agli onori della ribalta da poco più di un annetto, ha attirato una quantità di pubblico enorme, compresi moltissimi che prima non erano già fan di questo genere musicale.
Tuttavia questo meccanismo, dopo un iniziale momento di gloria comincia a evidenziare i primi segni di inceppamento, i fan non sono infiniti e le politiche di “schieramento” promosse su internet e spalleggiate spesso dagli artisti stessi inducono una gran parte di pubblico medio a fare delle scelte. Ascoltare uno piuttosto che un altro.
In realtà il rap italiano non è nuovo a questo genere di cose. Al di fuori dell’infinita disputa tra mainstream e underground (che probabilmente continuerà a infiammare rapper e pubblico per sempre) già alla fine degli anni ’90, quando si chiuse la cosidetta “Golden Age” dell’hip-hop italiano si assistette allo scioglimento di gruppi storici e a dichiarazioni di colpevolezza vicendevoli tra i rapper, come a cercare di individuare chi fosse il responsabile della fine di quel bel sogno. Insomma, tutti si puntavano il dito contro anche se la colpa realmente non era di nessuno realmente, semplicemente il mercato era saturo e la gente voleva ascoltare qualcosa di diverso.
Tuttavia tutto ciò porta a un’altra riflessione.
Il fenomeno della “Golden Age” ebbe un arco piuttosto lungo, quasi una decina d’anni, mentre quello della “nuova scuola” sembra cominciare a scricchiolare dopo un tempo veramente breve sotto la luce dei riflettori. A cosa è dovuto questo? Alla, per la maggior parte, molto giovane età degli artisti? Forse, ma nemmeno troppo, dopotutto anche moltissimi artisti considerati oggi storici negli anni ’90 erano piuttosto giovani. Quello che ha fatto per loro davvero la differenza è il mercato in cui sono andati a inserirsi, un mercato veloce e cangiante, che col supporto di internet divora e risputa prodotti con una velocità assurda. Stare al passo non è per nulla facile. Sopratutto se lo si vorrebbe fare in gruppo.
Questo vuol dire che stiamo per assistere a un tracollo di questi ragazzi? Assolutamente no.
Chi scrive ha piena e assoluta fiducia nel lavoro che questi giovani artisti hanno messo in piedi, nel giro di pochissimo tempo sono stati in grado di creare in Italia un immaginario musicale condiviso che ha creato una coesione nella penisola come non si vedeva da anni nel rap game italiano. Tuttavia sperare che tutti quelli che sono emersi negli ultimi dodici mesi ( e sono davvero tanti) riescano a sopravvivere è utopico.
Da pubblico (con una umana vena di sadismo) resteremo a osservare questi commensali mentre continuano il loro banchetto e si lanciano occhiate, ora di intesa, ora di fastidio, aspettando sviluppi su questo gruppo di giovani artisti che ha ancora probabilmente tanto da dare a questo genere in Italia.