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Venga il regno: la storia di Pusha T

Daytona di Pusha T è stato, a furor di popolo, uno dei migliori dischi rap del 2018. Il terzo capitolo della carriera solista del rapper di New York è stato uno dei candidati al Grammy per il miglior disco hip-hop, poi vinto da Cardi BPusha ha di nuovo confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il suo status di peso massimo nel presente del rap americano.
Da dove comincia la sua lunga ascesa al trono?

La carriera di Terrence Thornton inizia nei primi anni Novanta, con la creazione di un duo con il fratello Gene. Il gruppo prende il nome di Clipse e i due assumono i nomi d’arte di No Malice (Gene) e Terrar (Terrence). Il duo, grazie al supporto di Pharrell Williams, firma il primo contratto discografico e comincia a lavorare al primo progetto ufficiale Exclusive Audio Footage, lavoro completamente prodotto dai The Neptunes (il duo di produttori composto dallo stesso Pharrell e Chad Hugo).

Nel 1999 viene rilasciato The Funeral, il singolo di lancio del disco. Il brano è, dal punto di vista commerciale, un fiasco e spinge l’etichetta Elektra ad annullare la pubblicazione del lavoro. Il disco verrà comunque rilasciato ufficialmente nel 2004 come vinile. È dopo la cancellazione del disco che si situa il cambio di nome di Terrence in Pusha T.

Ma la storia dei Clipse non finisce qui. Nel 2001 il duo firma il contratto con la label fondata dai Neptunes, la Star Trak, e l’anno successivo viene finalmente rilasciato il primo disco ufficiale: Lord Willin’.  Il disco, prodotto interamente dai fondatori dell’etichetta, si mantiene sulla linea tematica di quello abortito tre anni prima, raccontando il passato nel mondo dello spaccio dei fratelli Thornton.

Il lavoro, arricchito da pregevoli featuring come quelli di Pharrell, Fabolous e Styles P, è un grande successo debuttando al quarto posto della classifica generale di Billboard (e al primo in quella hip hop) e facendo disco d’oro nel giro di tre mesi.

L’anno successivo i fratelli tornano in studio per lavorare al nuovo disco, ma le grane discografiche influiscono notevolmente: la Star Trak era nata dalla collaborazione con la Arista Records ma le dubbie politiche del nuovo CEO L.A. Reid cambiano drasticamente la situazione. Gli artisti, fra cui i Clipse, vengono dirottati in un’altra label, la Jive Records. Per via di queste vicende discografiche, il duo si concentra in progetti non ufficiali come l’avvio della saga di mixtape We Got It 4 Cheap, di cui escono due capitoli nel 2004 e nel 2005.

I disagi discografici per il duo aumentano quando la Jive non solo nega la risoluzione contrattuale ma cerca di incanalare il gruppo verso un filone pop-rap che non gli appartiene. Solamente nel maggio 2006 si giunge a un accordo fra le due parti dopo essere passati per i tribunali: a novembre i Clipse pubblicano il secondo disco ufficiale Hell Hath No Fury.

Anche se non ai livelli del precedente, questo lavoro ha un discreto successo commerciale, debuttando al quattordicesimo posto della Billboard 200 e vendend0 80mila copie nella prima settimana. Nonostante il mondo criminale rimanga un tema centrale, la differenza principale nei contenuti del disco è proprio la frustrazione dovuta al comportamento della Jive.

Dopo aver rilasciato nel 2008 il terzo capitolo di We Got It 4 Cheap, nel 2009 vede la luce il terzo disco: Till the Casket Drops. Si tratta del primo lavoro non interamente prodotto dai Neptunes – autori del tappeto sonoro di una sola traccia – che vengono affiancati da DJ Khalil e Sean C & LV portando a un tappeto musicale più up-tempo. Anche il ventaglio di featuring si ampia con la partecipazione di Yo Gotti, Kanye West e Cam’ron. Questo terzo lavoro ufficiale è quello che ha il peggior riscontro commerciale, anche se la critica lo accoglie positivamente. Entrambi i fratelli decidono quindi di concentrarsi maggiormente sulle carriere soliste.

È questo il momento in cui Pusha T comincia la sua scalata al trono.

Pochi mesi dopo viene annunciata la firma di Pusha per la G.O.O.D. Music, l’etichetta di West. Alla firma segue la seconda collaborazione con l’artista di Chicago, Runaway, brano contenuto nel capolavoro di Kanye del 2010 My Dark Beautiful Twisted Fantasy. Il primo progetto di Terrence sotto la nuova label è del marzo dell’anno seguente ed è il mixtape Fear of God che vedrà una ripubblicazione nel mese di novembre denominata Fear of God II: Let Us Pray. A questo lavoro segue, nel 2012, il tape Wrath Of Caine.

Il primo album solista, My Name is My Name, viene pubblicato finalmente nell’ottobre 2013 e si rivela una vera e propria dichiarazione di intenti, oltre che un grande successo. Per non lasciare dubbi il disco – che debutta al quarto posto della Billboard 200 – si apre con King Push, brano su una produzione che originariamente doveva essere parte di Yeezus di Kanye nel quale Terrence chiarisce la realtà istituzionale del suo reame. La Costituzione del regno all’articolo uno recita:

“I’m King Push, this king push

I rap nigga ‘bout trap niggas, I don’t sing hooks”.

Niente ritornelli, solo furiose rime dalle tinte criminali che trafiggono l’ascoltatore come lame: Pusha T è un sovrano sanguinario che non ha alcuna intenzione di fare prigionieri. Tra le collaborazioni, oltre agli habitué Kanye, Pharrell, Ab-Liva e Rick Ross, il nostro si avvale di fedeli scudieri quali Chris Brown, Kendrick Lamar, Jeezy, Big Sean, 2 Chainz e Future.

Il tragitto verso il secondo lavoro ufficiale è costellato di due eventi di grandissima rilevanza: Terrence partecipa al remix di Ill’Be Gone dei Linkin Park e viene nominato presidente della G.O.O.D. Music con un annuncio pubblico il 9 novembre 2015, esattamente tre giorni prima del rilascio di King Push – Darkest Before the Dawn: The Prelude.

In realtà, come si evince dal titolo, questo progetto sarebbe il preludio a un successivo disco dal titolo King Push. Rispetto a My Name is My Name, questo lavoro si presenta maggiormente melodico pur senza tradire lo spirito aggressivo e la voglia di imporsi.
Questa più intensa attenzione verso la melodia si rivela soprattutto nella scelta dei featuring: in metà delle tracce compare un cantante (The-Dream in due brani, Ab-Liva, Khelani e Jill Scott) e degli otto feat solo 3 sono rapper (West, A$AP Rocky e Beanie Sigel). Anche le produzioni sono più varie, almeno dal punto di vista degli autori: Kanye smette i panni di produttore esecutivo (sebbene lavori comunque a due basi) lasciando il testimone allo stesso Pusha, Puff Daddy e Timbaland.

Tuttavia, a differenza di quanto annunciato con molto clamore, King Push non vedrà mai luce. Tra il 2015 e il 2018 sono numerosi gli annunci che vedono un posticipo del lavoro e quando, finalmente, un nuovo disco di Pusha viene annunciato, il titolo è un altro. Il 19 aprile 2018 Kanye West annuncia su Twitter la serie di album che sarebbe uscita sotto la sua supervisione nei mesi seguenti e fra questi figura un disco di King Push che prende il nome di Daytona. L’ex Clipse, sempre su Twitter, spiega che il titolo è cambiato poiché King Push non avrebbe rappresentato pienamente lo spirito del progetto mentre Daytona manifesterebbe il “luxory of time” che il disco trasmette.

Daytona vede la luce il 25 maggio, con soli due feat (Yeezy e Rick Ross) e con produzioni curate da mister West. Il riscontro del disco è incredibile, con le uniche critiche mosse da chi si aspettava qualche traccia in più delle sette contenute nel progetto, anche per via dei tre anni di attesa. L’accoglienza del nuovo progetto è talmente notevole da divenire il primo album di Terrar a rientrare nelle nomination ai Grammy per il miglior disco hip hop. Tra le tracce, che anche in questo caso meriterebbero un’analisi ad hoc, sicuramente un posto di riguardo spetta alle ultime due: What Would Meek Do?  e Infrared. Entrambe si rivolgono ad un destinatario particolare: Drake.

What Would Meek Do? è una risposta ai “Niggas talkin’ shit” che per King Push sono rappresentati soprattutto da Drake, il quale lo aveva accusato di ingigantire il proprio passato criminale in Two Birds, One Stone. La risposta di Pusha in questo brano è serve a rivendicare il suo status sulla scena rap oltre che a legittimare il suo passato di strada. La seconda strofa, rappata da Kanye, è invece volta a tutti coloro che lo hanno criticato e insultato negli ultimi anni per le sue esternazioni storico/politiche.

La vera e propria risposta di Terrence a Drake è nel brano successivo, quello di chiusura, Infrared nel quale attacca Drizzy sia come artista (accusandolo di usare ghostwriter) sia come persona, criticando l’atteggiamento assunto nel diss tra Birdman e Lil Wayne.

Il beef tra i due non si esaurisce con questa canzone. Drake risponde con Duppy Freestyle in cui accusa Pusha di non essere ciò che dipinge e di non essere nemmeno abbastanza importante per infastidirlo. A sua volta, King Push ha risposto dopo quattro giorni con The Story of Adidon in cui va molto sul personale, dando a Drake del pagliaccio che da più importanza ad accordi con gli sponsor (l’Adidas in particolare) piuttosto che a suo figlio (Adonis).

La risposta di Pusha ha avuto un grandissimo impatto proprio per questo motivo dato che ha  sostanzialmente rivelato al mondo l’esistenza di questo figlio di Drake avuto da una pornostar. Altro motivo dell’impatto del diss sono le barre che si rivolgono allo storico produttore di Drizzy, 40, malato di sclerosi multipla.

Questa, ad oggi, è la storia di King Push, l’uomo asceso nell’olimpo dell’hip hop avendo come uniche armi barre, flow lisergici e un’inarrestabile ambizione. Mettendo sempre al centro della sua musica il rap, le punchline e la strada – senza mai scendere a compromessi- Terrence ha conquistato nel corso degli anni il rispetto e il timore da parte dei colleghi, imponendosi come un artista dallo spessore incredibile e sopratutto un rapper impossibile da ignorare. Lunga vita al Re.


Matteo Merletti

Sono Matteo, ho 23 anni. Se non vi piace ciò che scrivo offritemi un gin tonic e ne parliamo.

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