Guardatemi, sono Frah Quintale!
La peculiarità, e se vogliamo la figata, di un qualsiasi genere musicale non è esso in quanto tale, ma ciò che rappresenta ed ingloba in se. Questo giro di parole ha solo lo scopo di spiegare come il rap, a prescindere dai vari clichè imposti nel tempo, racchiuda una serie sconfinata di sfumature e sottogeneri, che lo rendono trasversale e apprezzabile anche dagli ascoltatori saltuari.
Tra i tanti spicca l’indie rap, una combinazione perfetta tra post cantautorato e hip hop. Oggi cercheremo di ripercorrere l’ascesa e la creazione del nuovo album di uno dei pionieri del settore: Frah Quintale.
Frah Quintale, al secolo Francesco Servidei, nasce a Brescia nel 1989 e muove i suoi primi passi nella cultura hip hop come writer, passione che coltiva tutt’oggi. Come spesso accade, i graffiti sono la chiave d’accesso per altre discipline ad esso connesse, come il rap, che strega mente e corpo del giovane lombardo.
L’incontro con Merio, suo futuro braccio destro, è il segnale che qualcosa stava concretamente nascendo: nel 2006 fondano il duo Fratelli Quintale.
La prima pubblicazione ufficiale del binomio bresciano è The reverse coconut mixtape, nel 2009. Con questo primo lavoro i Fratelli Quintale cominciano a far parlare di se, sgomitando nella scena rap underground settentrionale e destando curiosità tra gli addetti ai lavori.
A due anni di distanza il duo replica con il disco Green Project, includendo il featuring illustre con Ensi e Johnny Marsiglia nella traccia Testimoney, e l’intera masterizzazione da parte di Dj Shocca.
Contemporaneamente ai progetti del duo però, Frah inizia a discostarsi dalle dinamiche collettive imboccando, per la prima volta, la strada solista. Nel 2012 infatti pubblica l’EP Idiot Savant che vanta, tra le tante, due produzioni dell’evergreen Bosca.
A dicembre dello stesso anno i Fratelli Quintale esordiscono con il loro primo album ufficiale, dal titolo One Hundred, interamente prodotto dallo stesso Bosca che, come dimostrato numerose volte, ha sempre avuto fiuto per gli acerbi talenti.
La vera svolta per il duo lombardo arriva con il secondo album intitolato All You Can Eat, pubblicato dalla Carosello Records e contenente 19 tracce con collaborazioni del calibro di Enigma, Jack The Smoker, Coez e Bassi Maestro. L’ascesa dei Fratelli Quintale nella scena rap italiana stava indubbiamente prendendo forma.
Il 2015 è l’anno di Tra il bar e la favola, dove si possono cogliere sonorità sempre meno rap e sempre più accostabili a correnti pop. Da qui l’esposizione del gruppo bresciano a livello nazionale, anche grazie alla pubblicazione di tre singoli con video sul canale Vevo. Contro ogni aspettativa però, questo sarà l’ultimo lavoro dei Fratelli Quintale, che da li a poco accantoneranno gli obiettivi comuni per tentare strade soliste.
Ed è proprio qui che emerge il personaggio Frah Quintale: genuino, attento ai dettagli, introverso e con una vena poetica che riesce a concretizzare nei suoi testi. Insomma, tutti i prerequisiti per essere un caposaldo della musica indie.
Ri-esordisce da solista il 21 marzo 2016 con il singolo Colpa del vino, che anticiperà un mini album dal titolo 2004, ma stavolta il cambiamento è radicale e alquanto palese: in questa piccola raccolta infatti emergono tematiche che si discostano nettamente dall’immaginario rap, incarnando sempre più le vesti dell’artista indie e affrontando i testi con quella vena cantautorale/poetica che, di fatto, gli appartiene da sempre. Riscontra anche un ottimo giudizio da parte dei media, che hanno valutato l’EP come “uno dei migliori prodotti musicali indipendenti del 2016”.
Ed eccoci al 24 novembre, data di pubblicazione del primo disco ufficiale di Frah Quintale, Regardez Moi (Guardatemi), titolo che rende omaggio al graffito dell’artista Filippo Minelli sulle mura di un hotel di Brescia.
In quest’ultimo lavoro, Frah si cala completamente nel nuovo e rinvigorito personaggio, con molteplici spunti di caratura unica: dalla playlist di Spotify dove informava costantemente i suoi fans riguardo l’evoluzione dell’album, alla tiratura limitata di copie fisiche con copertine (di cartone ecologico) disegnate a mano da lui, ovviamente uniche ed irripetibili.
Così come il lato estetico, egli cura al dettaglio anche i contenuti del disco: 10 tracce per riassumere l’essenza della sua musica, per raccontare con consapevole leggerezza tutte le sfaccettature che ornano la sua quotidiana routine.
Nella traccia Nei treni la notte ad esempio, egli esprime l’amore che prova per le sue origini da writer e al contempo cerca di spiegare la dialettica odio/amore per la città da cui sembra legato indissolubilmente; canzoni come 8 miliardi di persone e Cratere incarnano i ricordi lontani di un amore ormai cessato, con una leggerezza ed una verve talmente intima che, durante l’ascolto, pare raccontino l’esperienza di ognuno di noi.
In Accattone invece, l’artista si paragona addirittura ad un clochard, sminuendosi e risultando microscopico al cospetto della sua irraggiungibile Beatrice. Un vero smacco di sti tempi, dove l’autocelebrazione è di fatto un must.
E così via per tutto il disco: mezz’ora esatta per raccontare se stesso, il mondo che lo circonda, le storie di vita che hanno caratterizzato il suo cammino, gli amori perduti ed una quotidianità talmente ben narrata che sembra quasi frivola. Un disco che chiunque ha potuto veder nascere, crescere e realizzarsi. Un disco sudato e meritato, con un concept lineare e mai banale. Come ci ha abituato in questi anni di carriera, l’ennesimo disco eccellente.