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Il futuro dello streaming: Spotify cresce grazie ai podcasts

È di qualche giorno fa la notizia dell’acquisizione da parte di Spotify di The Ringer, rinomato sito sportivo fondato da Bill Simmons, giornalista che ha per anni lavorato con ESPN. L’acquisizione, che dovrebbe concludersi nelle prossime settimane, risulta apparentemente priva di un nesso logico, ma assume rilevanza dal momento in cui si apprende che The Ringer possiede un’importante rete di podcasts che tratta, oltre ai temi relativi ai diversi campi sportivi, di argomenti appartenenti alla pop culture, come per esempio il podcast interamente dedicato alla saga di Game of Thrones.

L’acquisizione segue le precedenti operazioni che hanno portato tra le attività di Spotify Gimlet, Parcast e Anchor,  costate all’impresa svedese attorno ai 400 milioni di dollari. L’importanza economica delle sopracitate acquisizioni dimostra la rilevanza che sta assumendo il business dei podcasts, seguendo una direzione che nei prossimi mesi porterà a una crescente diversificazione dei servizi offerti sulle piattaforme di audio streaming. Non più solo musica, quindi, ma un insieme di contenuti audio eterogenei.

Assistiamo, dunque, ad una ristrutturazione dell’offerta di Spotify, che va ad allinearsi con quella della diretta concorrente Apple: con il servizio di Apple Music, fin dal lontano 2005, ha dato la possibilità ai suoi utenti di scegliere tra un vasto catalogo di podcasts. In quest’ottica, la strategia di Spotify può anche essere vista come una mossa volta a limitare la crescente concorrenza dell’impresa del Cupertino, diventata nel corso del 2019 leader di mercato negli Stati Uniti.

 

Un dato che ben spiega i forti investimenti che l’impresa di Daniel Ek sta destinando al business dei podcasts è la crescita annuale delle ore trascorse dagli utenti su questo tipo di servizio, che si assesta sul 200%. Inoltre, è stato riscontrato che chi ascolta podcasts dedica anche molto più tempo allo stream di musica degli utenti che non si sono ancora approcciati a questo nuovo contenuto audio.

I podcasts lavorano in due direzioni: oltre ad aumentare il numero di ascoltatori, influiscono positivamente sull’aumento del tempo di consumo dei servizi offerti da Spotify, aiutando a creare un utente fidelizzato e che difficilmente rinuncerà a questi servizi. È questo l’utente che più facilmente passerà da un account freemium a un account premium a pagamento, realizzando la conversione che si configura come l’obiettivo principale dell’operato di Spotify, in quanto gli account a pagamento rappresentano il 90% del fatturato aziendale e lo strumento fondamentale per limitare la perdita che viene regolarmente registrata a bilancio da diversi anni, a discapito della leadership di mercato e degli incoraggianti numeri in crescita per quanto riguarda gli utenti.

Lo scorso anno Spotify ha fatto registrare una crescita degli account a pagamento del +29% portando gli utenti con account premium a 124 milioni – leadership di mercato in questo segmento di clientela – ma, a causa dei sostanziosi investimenti, il rosso fatto registrare in bilancio è più che raddoppiato tra 2018 e 2019, passando da 78 a 186 milioni, nonostante un aumento del +24% dei ricavi.

Gli investimenti in direzione dell’espansione del catalogo di podcasts continueranno anche durante l’anno in corso, al termine del quale Spotify si aspetta di avere attorno ai 330 milioni di utenti attivi, contro i 271 di fine 2019 (cresciuti del +31% rispetto all’anno precedente) e una perdita operativa tra i 150 e i 250 milioni di dollari, alla quale si opporrà il progressivo aumento degli utenti a pagamento.


Cristiano Prataviera

Cristiano, 22 anni, do voce alla mia decennale passione per il rap e tutto quello che ci gira attorno. Laureato in Economia, mi sono trasferito da poco a Milano per frequentare il Master in Marketing e Comunicazione della Bocconi e iniziare ad approcciarmi al mondo del mercato discografico.

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