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I tuoi genitori non vogliono che ascolti la Trap

“L’art pour l’art” è un espressione coniata nel 1835 dal poeta francese Théophile Gautier, considerato fra i fondatori dell’Estetismo, e può essere tradotta con “l’arte per l’arte”.  Lo scopo dell’arte è essere espressione di se stessa. Risulta quindi estremamente sbagliato e paradossale attribuirle qualsiasi tipo di vincolo morale.L’espressione artistica è e deve rimanere la pura rappresentazione del sentire e della volontà di chi la crea.

Allora, sorvolando la questione riguardo le nuove sonorità che possono giustamente piacere come no, perchè in Italia la quasi totalità di chi ha un’età sopra i quarant’anni non solo non capisce ciò che la cultura Trap vuole comunicare, ma si ostina a sminuirne la dignità artistica aggrappandosi per giunta a fantomatici moralismi?

Per rispondere a questa domanda, credo sia prima necessario comprendere quale sia l’effettiva filosofia che gli ermetici versi della Trap nascondono fra le righe. La risposta la si può facilmente ritrovare nella prefazione di Sono io Amleto brillantemente scritta da Marta Biaggione, libro pubblicato da Achille Lauro con l’aiuto della giornalista negli scorsi mesi.

“La trap è una cultura chi ci introduce a un altro tempo della vita, non più fondato sulla durata ma sull’effimero […] Mentre inneggia a droghe e brand di lusso li svuota di senso, e intanto che narra l’ascesa dal nulla svela la disfatta in sè di un sistema […] Sbattendoti in faccia banconote Gucci, Luis Vuitton e Lamborghini dissacra le icone dell’alta borghesia”

Da questa analisi è facile comprendere perchè il fenomeno risulti così indigesto a chi è più navigato con l’età: si tratta di pura provocazione (e molte volte pure inconsapevole). In un’ epoca come questa, nella quale la nostra mente è costantemente esposta a stimoli di ogni genere, conta di più gridare concetti scheletrici che argomentare esaustivamente riflessioni.

Rifletteteci, hanno raggiunto maggiormente il loro intento provocatorio verso il materialismo odierno le barre affilate di un qualsiasi gruppo Old School o Sfera Ebbasta che si è esibito con due Rolex al concerto del Primo Maggio? Nettamente la seconda. Chiaro, non si vuole sostenere che ciò sia legittimo, ma sfido chiunque a smentire la differenza di efficacia.

La Trap è il racconto degli schiavi che diventano schiavi ricchi, non nobili. Non lo saranno mai semplicemente perchè non vogliono esserlo. Come spiegato da Rancore nell’intervista a Esse Magazine, i giovani artisti che cercano rivalsa nello sfidare l’ingiusta società di oggi hanno due modi per farlo: tentare di demolirne le fondamenta ridando dignità alla parola e all’arte o dimostrare di poterla sconfiggere diventando ancora più materialisti di essa. Chi percorre il filone Trap punta nettamente sulla seconda via.

Quindi, contrariamente a quanto si pensi, la Trap un messaggio lo porta eccome, anche se non esattamente in linea con gli apparenti canoni morali di oggi. Uso il termine “apparenti” perchè la nostra società- in particolare quella italiana-  è estremamente avvolta da una forte ipocrisia e risulta ancora strettamente ancorata a valori ormai arcaici. Nella vita privata ognuno è libero di fare ciò che vuole, l’importante è che non si sappia in giro.

Questa tendenza sociale porta a nascondere le problematiche invece che risolverle, il tutto per timore di essere giudicati. Come spiegato da Paola Zukar nel libro Rap, questa attitudine tutta italiana nell’evitare i problemi equivale al concetto di chiudere a chiave la porta di una stanza sperando che un ipotetico incendio al suo interno si spenga. E’ chiaro che invece non può che aumentare.

Esempio lampante di ciò è stata l’esperienza dello stesso Achille Lauro a San Remo, al quale è bastato qualche riferimento a star morte di overdose per generare infinite polemiche e indignare una parte di giornalisti da contesti diversi.

Anche se ironicamente i giornalisti indignati sono gli stessi che lavorano per quotidiani in cui gli opinionisti musicali sono esorcisti o per programmi televisivi con sigle d’apertura composte da donnine nude che ballano.

 

La prefazione si conclude poi con:

“Zero politica, zero impegno. Eppure una fiamma, la fiamma della giovinezza, articola un pensiero filosofico: una sorta di neoesistenzialismo inconsapevole, il colmo del nichilismo.”

I giovani sono vuoti e tristi, quindi i loro testi sono vuoti e tristi.

Questo concetto è espresso incredibilmente con efficacia nel verso scritto da Ketama126 in Rehab:

“Parlo sempre di droga perchè non facciamo altro, non ho contenuti perché sono vuoto dentro”

Certo, è una realtà che per quasi tutti i giovani è molto estremizzata, ma sarebbe un grave errore non riconoscervi all’interno un fondo di verità. La nostra generazione è intrappolata in un mondo di vecchi e per vecchi, un mondo che ci spara alle gambe e si lamenta pure se poi ci lamentiamo.

“Il problema dei ragazzi non è la droga”

cantano gli Psicologi in “Futuro” ed è proprio questo il passaggio fondamentale che i “grandi” fanno molta fatica a comprendere fino in fondo, proprio perché nati in un’altra epoca. Eppure noi giovani la “fiamma della giovinezza“ la abbiamo eccome, anzi è proprio la mancanza di opportunità nel liberarla che ci crea tutto questo disagio generazionale.

E’ importante insistere su questo punto perché è proprio questo il nocciolo della questione, i ragazzi non sono -almeno per la maggior parte- dei depressi svogliati che pretendono di rimanere a casa dalla mattina alla sera  a non far nulla. Il vero problema sta nel fatto che le vecchie generazioni, nonostante molte delle scelte siano state prese in buona fede, ci hanno lasciato un mondo sull’orlo del lastrico a livello climatico, in piena crisi di valori e in cui la disoccupazione giovanile, almeno in Italia, è al 32,8% (dati Istat Febbraio 2019).

A onor de vero però c’è da ammettere anche che se è legittimo pensare che l’arte non debba avere freni morali è comunque giusto riconoscere che una sua influenza la può avere. In questi ultimi mesi, infatti, si è dibattuto molto in merito a questo tema tramite le serie televisive “Gomorra” e “Tredici”. Nonostante quest’ultime diano la possibilità di conoscere lati della realtà lontanissimi dalla vita quotidiana di gran parte della popolazione è altrettanto vero che possono indurre soggetti fragili a compiere scelte errate.

In questo frangente però è estremamente necessario il ruolo della figura genitoriale. Sarebbe impensabile infatti censurare ogni tipo di film o videogioco con qualche accenno di violenza o vita sregolata. Diciamocelo, se bastano 3 minuti di canzone o mezz’ora su Netflix per deviare per sempre la concezione della vita di tuo figlio probabilmente non hai fatto un gran lavoro nella sua educazione.

“Quei ragazzini giocano a Gomorra e i genitori a darsi addosso”

Psicologi, “Futuro”

Nel caso qualcuno avesse voglia di approfondire la questione, questo video in merito è veramente ben fatto.

Attenzione però, è importante non generalizzare la questione. La maggior parte dei nostri genitori, infatti, ha molto spesso agito per il bene nostro e dei nostri coetanei e non è nemmeno direttamente colpa loro ciò che sta accadendo. Ad esempio, se si fossero conosciuti settant’anni fa i rischi legati al surriscaldamento globale probabilmente molte scelte politiche, economiche e sociali sarebbero state radicalmente diverse. Il problema non sta quindi nell’aver sbagliato, ma nel non voler riconoscerlo.

Incolpare il movimento Trap delle problematiche dei ragazzi è sostanzialmente invertire la relazione causa effetto. Questa nuova tendenza artistica deve essere presa per quello che è: un grido di rabbia. Si tratta sostanzialmente di ammettere che un problema c’è, eccome se c’è.

“Fibra è il motivo se rappo, mica il motivo se spaccio”

Massimo Pericolo, “Star Wars”

 

Ecco, forse dare degli “stronzi” ai rapper durante l’omelia di una messa sfidandoli a fare a botte non è la soluzione migliore, ma anzi prendere coscienza della problematica sarebbe già un grande passo verso la sua risoluzione.

Il “grido” citato in precedenza però, è fondamentale non si perda nel vuoto. Anzi, ha proprio il compito di dare la spinta ad un’intera generazione per rimboccarsi le maniche e rendere il mondo quel posto che vorremmo fosse per i nostri figli.

 

Comment

  • Alessandro Cavalleri

    Finalmente un barlume di luce nelle tenebre del giornalismo italiano! Analisi accurata e profonda, che denota anche un senso di appartenenza alla nostra generazione che condivido e ammiro molto.

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